Eco dalle città intervista Anna Donati, Gruppo di Lavoro “Mobilità sostenibile” di Kyoto Club.

A Torino la sosta selvaggia è la normalità. In una città dove si contano 619 auto ogni 1000 abitanti, dato tra i più alti al mondo, le macchine si parcheggiano dove capita, anche in terza fila, sul marciapiede o sulle piste ciclabili. Fa niente se così si blocca un tram, si intrappolano le biciclette o si toglie la visuale ai pedoni che attraversano la strada aumentando i pericoli a dismisura. Lasciamo perdere poi i disagi creati ai disabili, che sono i cittadini più deboli ma allo stesso tempo i più bistrattati dal disprezzo per la condivisione degli spazi comuni nel rispetto di tutti. La sindaca di Torino, Chiara Appendino, ha avviato con la sua amministrazione un’azione di contrasto alla sosta selvaggia, soprannominata lotta alla ‘malasosta’. Ne abbiamo parlato con Anna Donati, esperta di tutela del territorio e mobilità sostenibile, ex assessora a Napoli e Bologna e parlamentare con i Verdi. Fa parte del Gruppo Mobilità sostenibile del Kyoto Club ed è autrice con Francesco Petracchini di “Muoversi in città”.

L’amministrazione Appendino ha dichiarato guerra alla sosta selvaggia, che a Torino è la normalità. Pensi sia possibile cambiare un’abitudine tanto radicata?

Chiara Appendino ha fatto bene ad annunciare il rispetto delle regole, in modo tale che chi è abituato da anni a sostare in doppia tripla fila, sui marciapiedi o agli incroci sa che deve cambiare abitudini. Credo che la cosa peggiore fosse non dire nulla, non allarmare nessuno e poi andare in strada e cominciare a fare le multe. Dalla tolleranza totale alla tolleranza zero non sarebbe possibile. Però dalle parole bisogna passare ai fatti.

I fatti in effetti ci sono stati, in diverse zone i controlli sono iniziati e sono fioccate decine di multe che però hanno generato forti proteste. Cosa si può fare per rendere più digeribile un provvedimento così impopolare?

Quando si fanno rispettare le regole ci si devono aspettare delle proteste, anche se non si possono tollerare troppo a lungo. Credo che da un lato ci sia da mettere in atto un’azione culturale, non ci piove. Sostenere, come hanno fatto alcune persone, “io sono 15 anni che parcheggio la macchina davanti a casa” poteva forse andare bene quando c’erano 1 milione di veicoli nel paese. Ma adesso che ce ne sono 37 milioni è impensabile. Per quanto riguarda i commercianti invece, si potrebbe aumentare lo spazio dei parcheggi a rotazione, ma qualora non fosse possibile né necessario, perché magari sono già abbastanza, si potrebbe pensare a delle politiche tariffarie agevolate. Comunque l’assunto, sbagliato, più traffico uguale più vendite che molti commercianti sostengono non riguarda solo Torino ma tutta Italia.

Vorrei aggiungere comunque che per metter in atto il controllo della cosiddetta ‘malasosta’, oltre all’azione dei vigili serve anche un’iniezione di nuove tecnologie, soprattutto adesso che le amministrazioni non possono assumere, che i veicoli che non rispettano le regole sono migliaia e che i vigili hanno sempre più problemi da gestire oltre al rispetto del codice della strada. A Milano negli scorsi giorni hanno riattivato lo street control, mentre a Bologna proprio da oggi sperimentano l’autovelox sui viali per il rispetto del limite di 50 km orari. Nel campo della sosta credo si possa fare moltissimo, come il controllo da remoto di doppie e triple file, il rispetto degli orari nei parcheggi a rotazione, gli ingressi in ztl. Non posso essere i vigili gli unici a controllare l’uso appropriato dello spazio stradale, che è uno spazio pubblico da utilizzare nel rispetto delle regole e con equilibrio tra le diverse esigenze: sosta a rotazione, residenti, disabili, attività commerciali, carico e scarico. Questo è il concetto base.

Tollerare tantissime violazioni evitando le sanzioni significa anche un mancato introito per le casse comunali che lamentano sempre mancanza di fondi.

Io non vedrei mai il problema della sosta come un problema di fare cassa, non credo che neppure per Torino debba essere così. Per carità, quando si polemizza e si chiede il rispetto delle regole è giusto invocare anche questo argomento ma non può essere un argomento della pubblica amministrazione, visto che quando si mettono in campo delle azioni efficienti, che ottengano per il pieno rispetto delle regole, non si incassa più nulla, perché alla quarta-quinta multa certa una persona il codice non lo infrange più. I numeri lo dimostrano. Quando a Bologna nel ‘94 avevamo introdotto il tema del varco telematico in tanti dissero “ecco il comune che vuole fare cassa”, ma non era di certo così. Volevamo solo il rispetto delle regole. Ripeto, credo che il problema principale sia la perdita di spazio per colpa di chi se ne impossessa abusivamente.

Che priorità si deve dare alla lotta alla sosta selvaggia all’interno delle politiche per la mobilità sostenibile?

Intanto naturalmente per chi si occupa di mobilità la perfezione non esiste, il benaltrismo è sempre in agguato e si dà sempre la colpa a qualcos’altro quando si cerca di spingere per una mobilità più sostenibile: non c’è la metro, non arriva l’autobus, non c’è parcheggio. Non è un ragionamento accettabile. È chiaro che tutte le misure devono essere viste con un’ottica di insieme, poi è ovvio che l’attuazione ha dei tempi differenti. Torino ha il tram, ha una linea di metropolitana e sta lavorando alla seconda, che arriverà coi suoi tempi. La cosa che mi auguro che venga fatta, ovviamente con una grande campagna di informazione e dialogo coi cittadini, è l’estensione della ztl, perché è normale che se permetto a tutti di arrivare ovunque con la macchina a qualsiasi orario non posso sorprendermi che ci sia anche molta sosta abusiva. Le zone a traffico limitato non sono state realizzate solo per migliorare la qualità dell’aria ma anche e soprattutto per limitare l’occupazione dello spazio. Non a caso si è partiti dalle zone centrali. Quindi sì all’idea di un ragionamento complessivo ma non si può invocare il non fare il controllo della sosta intanto che si discute e si fanno altri investimenti.

L’intervista è a cura di Bruno Casula, Eco dalle città.

(Photo credit: Eco dalle città)