Risanamento, rinnovo, rilancio del trasporto locale. Queste le sfide di un decreto legislativo ancora in standby.

È passato più di un mese dalla convalida del Consiglio dei Ministri del decreto legislativo per i servizi pubblici e non può non sorgere qualche dubbio in merito all’approvazione della stessa legge da parte della Ragioneria generale nella giornata di domani. Del provvedimento attuativo della delega fa parte, infatti, la riforma Delrio per il trasporto locale, di per sé poco apprezzata dalle altre Regioni, che introduce un cammino virtuoso e progressivo di risanamento, rinnovo e rilancio del settore attraverso un riordino complessivo di molte norme e prassi non adeguate che da 35 anni governano questo ambito.

Secondo quanto si legge in un articolo su Il Sole 24 ore, i dubbi riguardano di per sé la stessa riforma da promuovere, irta di sfaccettature e discontinuità di non facile risoluzione.

Se da un lato, infatti, si prova a cambiare il rapporto con gli utenti ritagliando loro una posizione centrale nel campo dell’organizzazione e produzione dei servizi pubblici locali (introducendo anche rimborsi in caso di ritardi dei bus di mezz’ora in città e di un’ora nei servizi extraurbani), dall’altro vengono previste maximulte fino a 200 euro per chi viaggia senza biglietto in un settore che presenta livelli medi di ritardo superiori al 20%.

O ancora, nel campo degli investimenti, il governo stanzia 800 milioni, cofinanziati con le Regioni, per l’acquisto di 5mila nuovi bus e, di pari passo, procede col divieto di circolazione dei bus Euro 0 ed Euro 1 dal 1° gennaio 2018.

Per la testata giornalistica, la novità più ambiziosa della Riforma resta comunque la nascita della Rosco, all’italiana: la società che investe nell’acquisto di materiale rotabile (dall’inglese Rolling Stock Company) per affittarlo alle imprese che gestiscono i servizi di trasporto ferroviario o su gomma. Il progetto, presente all’articolo 17, comma 2, lettera d del provvedimento, è il segno tangibile delle ambizioni di Delrio in termini di innovazione.

L’in house, gli scarsi incentivi, la dubbia volontà dell’amministrazione pubblica di stabilire celermente la gara d’appalto per l’affidamento del servizio, sono tutti aspetti che non possono non sommarsi al quadro già presentato in merito alla proposta in fase di approvazione. In compenso però, vengono rafforzati i poteri dell’Autorità di regolazione dei trasporti che dovrebbero aiutare le amministrazioni effettivamente interessate a incamminarsi sulla via delle gare con bandi-tipo e contratti-tipo, definizione di bacini di dimensioni ottimali, costi standard per la definizione degli importi a base di gara ecc.

Parallelamente si tenta anche di avviare una nuova pianificazione del trasporto locale che punti al risanamento dei bilanci spingendo l’amministrazione pubblica a innalzare gli obiettivi di copertura dei costi con i ricavi nelle grandi città, senza tener presente però che il vincolo al risanamento del 35% precedentemente imposto non hai mai realmente funzionato come tale.

Un ultimo nodo da sciogliere, il più controverso e dibattuto per Il Sole 24 ore, resta quello del 1981 relativo al superamento del criterio dei costi storici per la distribuzione del fondo per il trasporto locale. Il progetto iniziale era quello di passare drasticamente ai costi standard ma nelle bozze circolate il “peso” di questo criterio innovativo avrebbe riguardato il 10% del fondo, con possibilità di arrivare al 20%, mentre la riduzione di quote per la singola regione veniva bloccata entro il limite del 5%. Scomparso anche un altro criterio innovativo, quello dei passeggeri effettivamente trasportati, che avrebbe dovuto pesare dal 10 al 30%.

(Photo credit: Blazej Kocik)